Stocco di Mammola
Lo stocco di Mammola è uno dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani della provincia di Reggio Calabria a base di pesce, che si ottiene da stoccafisso (merluzzo essiccato).
Lo stocco di Mammola è un piatto tradizionale calabrese risalente a molti secoli fa. Anticamente era considerato il mangiare dei poveri, infatti i contadini lo consumavano e lo offrivano ai braccianti in occasione dei lavori duri nella campagna poiché lo stoccafisso era ed è considerato un alimento ad alto valore energetico; ancora oggi viene conservata questa tradizione. Pare, inoltre, che il consumo dello stocco venisse consigliato in quanto determinante un consistente aumento di produzione di latte materno.
La tradizione diffusa nella Locride vuole che le famiglie consumino lo stocco durante il Venerdì santo e la vigilia di Natale. Altra tradizione locale è quella di usare lo stocco come regalo, derivante dall’usanza di molti emigrati che, al rientro delle ferie, portavano lo stocco sia per regalo che per consumo personale. Degna di nota è la sagra tradizionale dello stocco che si svolge, dal 1978, il 9 agosto nel borgo antico di Mammola.
Bocconotti di Mormanno
Nel cuore del Parco Nazionale del Pollino la tradizione è dolce gustosa con i Bocconotti di Mormanno, le squisite prelibatezze di pasta frolla farcita che vantano una storia lunga tre secoli ed un sapore delizioso celebrato ogni anno con una grande festa che anima il centro della località montana di cui portano il nome.
Secondo la leggenda popolare il Bocconotto di Mormanno vanta origini molto antiche, risalenti al XVIII secolo. Che sia vero oppure no, questo prelibato dolcetto calabrese rappresenta, da ormai lungo tempo, un’istituzione della tradizione dolciaria e gastronomica della provincia di Cosenza ed in particolare della graziosa località del Parco del Pollino di cui porta il nome, dove il prodotto è nato e viene ancora oggi celebrato con feste ed eventi a lui dedicati. La fortuna del Bocconotto, oltre che al suo sapore prelibato, è legata ai suoi ottimi valori nutrizionali e alla prerogativa di mantenersi a lungo in ambiente naturale, così da poterlo conservare con facilità e per molto tempo rispetto ad altri dolci. Che gli si dia forma ovale (la più diffusa) oppure rotonda o a canestrello, è un vero piacere per il palato sentire la gustosa frolla che si scioglie in bocca lasciando spazio all’ottimo ripieno che può variare in base ai gusti e alla creatività dei pasticceri ed alle preferenze dei consumatori.
I Bocconotti sono dolcetti di pasta frolla di forma ovale, rotonda o a canestrello che possono essere farciti con differenti ripieni. Si presentano come succulenti bocconcini della dimensione di circa 4 centimetri ed un peso medio di 50 grammi.
Sebbene la ricetta storica indichi come farcitura la mostarda o la confettura d’uva, è sempre più frequente trovare Bocconotti ripieni di crema, cioccolato, pasta di mandorle, confettura di ciliegia o di albicocca oppure con noci, uva passa e miele. Possono essere facilmente acquistati sfusi nelle pasticcerie di Mormanno o nei bar e nei locali del paese nella versione confezionata.
A dimostrazione dell’importante ruolo di questi dolcetti nella tradizione gastronomica locale, il paese di Mormanno ogni anno li celebra con una grande festa a loro dedicata che si svolge durante il mese di giugno. Chi dovesse raggiungere la località in altri periodi dell’anno, non avrà comunque difficoltà ad assaggiare i Bocconotti che vengono preparati e venduti in ogni stagione.
Ottimi come sfizioso fine pasto o come delizioso spuntino in qualunque momento della giornata, i Bocconotti, grazie alle differenti farciture, incontrano il palato di ogni buongustaio. Possono essere preparati anche in casa, come suggerisce la ricetta proposta dal Comune di Mormanno, scegliendo il ripieno che si preferisce e servendoli in tavola, se lo si desidera, con una spolverata di dolce zucchero vanigliato.
Caciocavallo Silano
Il formaggio Caciocavallo Silano è senza dubbio uno dei più antichi e tipici formaggi a pasta filata del Sud Italia. Nel 500 a.C., Ippocrate citò questo prodotto per evidenziare l’abilità dei Greci nella preparazione del formaggio. L’area di produzione del Caciocavallo Silano, caratterizzata da una configurazione a macchia di leopardo, è situata principalmente lungo la dorsale appenninica meridionale e include territori siti in gran parte nelle regioni: Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia.
La produzione del Caciocavallo Silano inizia cagliando il latte fresco alla temperatura di 36-38°C mediante l’utilizzo di caglio in pasta di vitello.
Quando la cagliata ha raggiunto la consistenza desiderata, dopo alcuni minuti, viene rotta fino ad ottenere grumi delle dimensioni di una nocciola.
Successivamente, la cagliata inizia a maturare; il che consiste in una forte fermentazione lattica che dura in media dalle 4 alle 10 ore e può continuare ancora, a seconda dell’acidità del latte lavorato, della temperatura, della massa o di altri fattori.
La maturazione della pasta si raggiunge quando può essere filata. I tempi di maturazione vengono monitorati prelevando, a brevi intervalli, dei pezzetti di pasta, immersa in acqua quasi bollente per testarne l’elasticità, vale a dire per verificare se può essere filata.
A questo punto si effettua un’operazione tipica che consiste nel modellare una specie di cordone per ottenere la forma desiderata. Dopo di che, ogni pezzo di pasta verrà chiuso nella parte superiore e immerso velocemente in acqua bollente. Questa operazione verrà completata manualmente. Il tempo minimo richiesto per la maturazione è di 30 giorni.
Cipolla di Tropea
La cipolla rossa di Tropea è il nome dato alla cipolla rossa (Allium cepa) coltivata tra Nicotera, in provincia di Vibo Valentia, e Campora San Giovanni, nel comune di Amantea, in provincia di Cosenza, e lungo la fascia tirrenica. Viene prevalentemente prodotta tra Briatico e Capo Vaticano.
È composta da varie tuniche concentriche carnose di colorito bianco e con involucro rosso; è coltivata in queste zone da oltre duemila anni, importata dai Fenici, e da oltre un secolo, ora abbinata al turismo, contribuisce allo sviluppo socio-economico della zona.
La dolcezza dell’ortaggio pare dipenda dal microclima particolarmente stabile nel periodo invernale, senza sbalzi di temperatura per l’azione di mitezza esercitata dalla vicinanza del mare, e dai terreni freschi e limosi, che determinano le caratteristiche pregiate del prodotto.
La forma è rotonda od ovoidale.
Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, fa riferimento alla cipolla rossa come rimedio per curare una serie di mali e di disturbi fisici.
Clementine
Incrocio tra arancio amaro e mandarino, le Clementine provengono forse dall’Algeria (secondo una delle ipotesi più accreditate, il loro nome richiamerebbe quello di Padre Clément Rodier di Misserghin, nel cui orto sarebbero state rinvenute).
Coltivate in Italia sin dagli anni ’30, hanno trovato uno dei loro habitat ideali in Calabria. Le aree di maggiore produzione sono concentrate nelle zone di pianura esistenti nella regione e sono: la Piana di Sibari e Corigliano nel cosentino, la Piana di Lamezia nel catanzarese, la Piana di Gioia Tauro-Rosarno e la Locride nel reggino. In soli 58 comuni calabresi è concentrata quasi la metà della superficie agrumetata regionale, cosi suddivisi: Provincia di Reggio Calabria 20 comuni; Provincia di Catanzaro 14 comuni; Provincia di Cosenza 16 comuni; Provincia di Vibo 5 comuni; Provincia di Crotone 3 comuni.
A partire dal 1950 la sua coltivazione si diffuse in Calabria dove trovò il suo habitat naturale: il clima mite e regolare riesce ad esaltare le caratteristiche qualitative estrinseche ed intrinseche del frutto, che solo in Calabria giunge a maturazione molto precocemente, ai primi di ottobre.
Raccolte da ottobre a febbraio, a seconda delle varietà (Spinoso, SRA 63, Comune, Hernandina, Fedele, Tardivo, Hernandina, Marisol e di Nules.), sono pressoché apirene, ovvero senza semi (o ne hanno pochi); ricche di vitamine, aromatiche e molto dolci, risultano facili da sbucciare, essendo l’epicarpo liscio e molto sottile, e possono gustarsi fresche o essere trasformate in canditi, marmellata, succhi, sorbetti, dolci e liquori.
Le clementine presentano una forma sferoidale leggermente schiacciata ai poli, con dimensioni minime di 16-18 mm. La buccia, liscia e di colore arancio scuro, racchiude una polpa succosa e aromatica. Il frutto è caratterizzato da assenza di semi o da un numero esiguo di essi.
Per l’elevato contenuto di vitamina C, bastano un paio di frutti al giorno per coprire il fabbisogno giornaliero di una persona adulta.
Le clementine sono anche ricche di minerali tra cui il potassio, indispensabile per regolare il tenore di acqua nei tessuti assicurando così un buon funzionamento del cuore.
Le Clementine di Calabria I.G.P., per la loro bontà, vengono generalmente consumate al naturale tuttavia trovano largo impiego anche nella preparazione di sorbetti, succhi, sciroppi e marmellate.
Covatelli
La particolarità di questo tipo di pasta, dalla forma allungata e concava molto simile a quella degli gnocchetti sardi e fatta con un semplice impasto di farina, semola di grano duro, acqua tiepida e sale, sta nella sapiente lavorazione fatta in casa che la rende particolarmente consistente al palato e difficile a disfarsi e a rompersi durante la cottura.
La lunghezza di un cavatello può differire da regione a regione e la sua superficie può presentarsi liscia o rigata a seconda che venga realizzato con la sola pressione delle dita o con l’aiuto dei rebbi di una forchetta o con l’l’apposita macchina.
L’origine è molto antica e fondamentalmente contadina, ma nel 1200 i cavatelli vennero ” scoperti ” dai cuochi delle famiglie nobili che, accompagnandoli costolette di agnello o di maiale, salsicce e pomodoro o condendoli con un sugo a base di pancetta, piselli e fave, ne fecero il piatto forte di banchetti e occasioni importanti di aristocratici e possidenti dell’epoca e per questo motivo da allora i cavatelli non sono stati più considerati una preparazione di cucina povera, ma il piatto domenicale per eccellenza delle località del Sud Italia dove è tradizione consumarlo anche in occasione delle varie festività dell’anno.
La leggenda popolare attribuisce l’invenzione dai cavatelli a Federico II di Svevia, grande cultore e appassionato dell’arte culinaria pugliese e siciliana, ma dai documenti storici pare che le cose non siano andate proprio in questo modo e che l’allora Re di Sicilia ne fosse solo particolarmente ghiotto.
Attualmente i cavatelli, protagonisti di numerose sagre che si svolgono tra luglio e agosto in Puglia, nel Molisano e in Cilento, fanno parte dell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) del Molise.
I cavatelli possono essere conditi in moltissimi modi con ragù e sughi di terra e di mare a base di carne, pesce, ortaggi o con semplice pomodoro, verdure e aromi e gli accompagnamenti particolari più noti ed ” azzeccati ” sono:
• il “sugo vedovo”, condimento povero tipico della zona di Montenero di Bisaccia, a base di battuto di lardo, pomodoro fresco, basilico, prezzemolo e olio di oliva.
• La salsa di broccoli e peperoncino del molisano, completamente priva di ingredienti di origine animale e adatta anche a chi segue un regime alimentare vegan.
• Il sugo alla Norma, fatto con melanzane fritte, pomodoro basilico e una spolverata di ricotta salata.
• Il ragù di castrato.
• Il sugo a base di cozze, polpo o altri tipi di molluschi e pesci a carne bianca.
• La salsa che si usa abitualmente per condire le orecchiette alle cime di rapa.
• L’intingolo fatto con olio extravergine di oliva, pomodori essiccati e burrata (o mozzarella).
• Il pesto a base di rucola mescolato a scaglie di formaggio Canestrato Pugliese.
Mostaccioli di Soriano
Soriano Calabro è un importante paese dell’entroterra Calabrese in provincia di Vibo Valentia, le cui origini pare siano legate alla fondazione del Convento Domenicano nel 1510. Distrutto dal terremoto del 1659 e ricostruito dal Frate Bonaventura Presti architetto, ingegnere e falegname di origini Bolognesi.
Le cronache storiche raccontano come questo Convento fosse uno dei più ricchi conventi Domenicani d’Europa e famoso Santuario meta di fedeli e pellegrini provenienti da tutta l’Italia meridionale.
Il Convento fu dopo poco nuovamente raso al suolo da un nuovo terremoto. Questa volta da quello terribile del 1783 (definito anche il terremoto della Calabria meridionale o terremoto di Reggio e Messina del 1783) che ebbe esattamente in quest’area il proprio epicentro. Terremoto definito come la più grande catastrofe che colpì l’Italia meridionale nel XVIII secolo.
Il Convento fu comunque nuovamente ricostruito all’inizio dell’Ottocento.
I Mostaccioli di Soriano Calabro sono probabilmente da contestualizzare in siffatte circostanze storiche di religiosità popolare e assieme di devastanti catastrofi.
Qui è infatti ancora oggi diffusa un’antica leggenda che ricorda un Monaco di Serra San Bruno il quale avrebbe portato la ricetta del Mostacciolo dalla Certosa a Soriano Calabro. Si ritiene infatti che l’arte dolciaria sia stata trasmessa dai Monaci Certosini della Certosa di Serra San Bruno ai Frati Domenicani di Soriano Calabro.
Fichi
I Fichi di Cosenza DOP si presentano di forma a goccia allungata, talvolta leggermente appiattita all’apice. Il peduncolo è sempre presente, corto e sottile. Sono frutti dal sapore molto dolce di piccola dimensione, con la buccia elastica, polpa morbida e semi piccolissimi. Vengono commercializzati dopo essere stati essiccati stesi al sole su “cannizzi” o tavole di legno od anche al forno. Con il tipico colore dorato, i fichi secchi hanno una resa superiore rispetto ad altre varietà e si presentano pieni, carnosi, pastosi, morbidi, plastici, bianchissimi, altamente zuccherini e di facile conservazione.